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Rosario Pintaudi
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Anna Di Giglio
 

 

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Inimicitia Papyrologorum - G.M.

 


Inimicitia Papyrologorum

 

 

 

 

 

   C hiunque abbia frequentato, anche fugacemente, il mondo degli studi papirologici sa che esso ama ornarsi di un motto tanto edificante quanto programmatico: amicitia papyrologorum. È questa una formula che risale a tempi non lontani, ma che evoca un’antica idea di comunanza, come se i cultori di papiri, sparsi tra biblioteche, musei e deserti d’Egitto, formassero una res publica litteraria cementata dalla solidarietà e da una reciproca benevolenza. L’immagine è seducente: uomini e donne raccolti attorno a frammenti carbonizzati, a scaglie di ostraca, a minuscoli residui di inchiostro, intenti a ricostruire parole, versi e documenti che il tempo aveva condannato al silenzio; e tutto ciò in un clima di mutuo sostegno, dove la gioia della scoperta è condivisa e il merito equamente riconosciuto.

  Ma la storia delle lettere insegna, con implacabile costanza, che laddove si proclama con maggior fervore la concordia, spesso si annida più insidiosa la discordia. E infatti, sotto la luminosa insegna della amicitia papyrologorum, si è sempre celata, come un rovescio inevitabile, la più oscura inimicitia papyrologorum. Non è certo invenzione dei moderni: già gli antichi grammatici, custodi di testi e glosse, non esitavano a ferirsi con armi ben più sottili del ferro, ossia le parole; e le loro diatribe, tramandate nei commenti scolastici, ci fanno sorridere e tremare al tempo stesso.

  Né si creda che il papirologo moderno, sobrio sacerdote delle reliquie librarie, sia immune da simili passioni. Al contrario: la rarità degli oggetti, la competizione per l’inedito, la lotta per l’interpretazione più ingegnosa o per l’attribuzione più acclamata hanno reso talora la papirologia un’arena più simile al circo che al sereno ginnasio. Le inimicizie si manifestano nelle forme più varie: recensioni tanto puntigliose da sembrare atti d’accusa; appropriazioni silenziose di letture altrui; convegni trasformati in palestre di sottintesi velenosi; lettere private che diventano pubbliche denunce; amicizie di comodo, pronte a infrangersi alla prima divergenza di lezione.


  Questa rubrica, che porta come titolo l’espressione volutamente paradossale di inimicitia papyrologorum, non nasce per diffamare né per indulgere alla cronaca scandalistica. Essa mira piuttosto a mettere in luce – con un sorriso colto e un briciolo di malinconia – l’inevitabile lato umano di una disciplina che, proprio perché costruita sul fragile equilibrio di frammenti, non poteva che riflettere la fragilità delle relazioni tra i suoi cultori. Come in un mosaico, accanto alle tessere d’oro della cooperazione e della generosità si trovano le schegge opache dell’invidia, dell’ambizione e della rivalità.

  Chi leggerà queste pagine non vi cerchi un catalogo di colpe, ma piuttosto una sorta di historia arcana della papirologia, un repertorio di quelle ombre che, pur non togliendo luce ai grandi progressi della disciplina, le conferiscono la verità concreta delle vicende umane. Così, accanto alle edizioni monumentali, ai volumi di corpora, ai commentari pazienti, ci sarà spazio per ricordare anche le dispute, le maldicenze, le piccole e grandi nefandezze che hanno accompagnato il cammino della scienza papirologica.

  Perché, a ben vedere, anche le inimicizie fanno parte del patrimonio: rivelano la passione ardente che anima chi si dedica ai papiri e testimoniano che la filologia, lungi dall’essere un esercizio asettico, è teatro di conflitti, drammi e persino tragedie degne degli stessi testi che essa resuscita. Laddove si custodiscono le vestigia di Menandro o di Saffo, non è strano che riviva, sotto altre forme, il conflitto tragico tra l’ideale e l’umano, tra il dovere e la vanità, tra la amicitia proclamata e l’inimicitia praticata.


  Questa rubrica, dunque, non intende negare l’ideale, ma, al contrario, riconoscerlo in tutta la sua pienezza proprio attraverso il suo rovescio: come non si può parlare di luce senza tenebra, così non si può celebrare la amicitia papyrologorum senza dare conto della sua antitesi. Si tratta di una rubrica non troppo malevola ma piuttosto ironica, che avrà una sua regolarità in questa sede.




   Anna Di Giglio, Rosario Pintaudi




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